
Alan Parsons – Symphony in the Sky
Orchestra del Teatro Massimo Bellini
Direttore Domenico Famà
Voce Davide Finocchiaro
Chitarra Adriano Murania
Tastiere Marco Genovese
Batteria Ivan Minuta
Basso Giuseppe Giacalone
Sirius/Eye in the Sky One Note Symphony
Old and Wise Dammed If I Do
Games People Play Time
The Turn of a Friendly Card MammaRobot
The Ace of Swords May Be a Price To Pay
Snake Eyes Some Other Time
Don’t Let the Moment Pass Silence and I
arrangiamenti di Giuseppe Giacalone
Symphony in the Sky
Un Viaggio tra Cosmo e Contraddizioni Umane: La Sinfonia dell’Esistenza su musiche e testi di Alan Parsons Project
È un viaggio di pensiero e immagini che esplorano la bellezza dell’Universo nella sua unicità, la profonda contraddizione dell’uomo come suo abitante e le molteplici sfaccettature di questa complessa esistenza.
L’Universo come un arazzo infinito di galassie e stelle, è un capolavoro irripetibile governato da leggi armoniose che suggeriscono un ordine intrinseco; questa non è solo una descrizione fisica, ma evoca l’idea di una legge cosmica universale. Ed è qui che si inserisce il brano che descrive l’armonia universale dettata da un’unica nota (One Note Symphony), ispirata alla Risonanza di Schumann, il “battito cardiaco della Terra” a circa 7,83 Hz. Questa risonanza suggerisce una profonda connessione e una sinfonia fondamentale che ci lega al pianeta, un’eco di quell’ordine primordiale in cui l’uomo, pur essendo una particella infinitesimale, è cosciente e si interroga sul suo posto, oscillando tra la meraviglia per il suo legame cosmico e la vertigine dell’insignificanza.
Nonostante ciò la complessità dell’esistenza umana si dirama tra problemi reali come la nostalgia, la vecchiaia e la morte, e quelli auto-inflitti; questi ultimi ci allontanano dalla grandezza universale.
Qui emerge l’immagine dell’uomo che, a causa del suo essere fragile, spera di risolvere tutti i suoi problemi con un lancio di dadi (Snake Eyes) una partita a poker (The Turn of a Friendly Card) o una lettura dei tarocchi (The Ace of Swords). Questo riflette una tendenza umana a cercare soluzioni rapide e casuali a problemi complessi, spesso basate su illusioni (Some Other Time, MammaRobot) piuttosto che sulla realtà. Ma la legge cosmica e il karma ci ricordano che tutto ha un prezzo da pagare (May Be a Price to Pay): le conseguenze delle nostre azioni, soprattutto quando basate su inganni o scelte avventate, ritornano sempre.
La nostra incapacità di lasciare un futuro migliore alle generazioni che verranno (Games People Play) evidenzia una disconnessione da quella legge cosmica che inviterebbe all’armonia e alla sostenibilità. Se l’universo è ordine, il nostro caos terreno, amplificato da decisioni miopi e relazioni viziate da illusioni, appare ancora più stridente.
La celebre frase di Albert Einstein, “Dio non gioca a dadi”, riafferma la sua convinzione in un universo intrinsecamente ordinato e deterministico, non soggetto al caso. Ma se l’universo è così, come possiamo spiegare la presenza di esseri malvagi sotto uno splendore simile? Questa domanda ci conduce direttamente al concetto di libero arbitrio. È la nostra capacità di scegliere tra bene e male che rende possibile la malvagità, una dissonanza generata dalla nostra scelta individuale, in contrasto con il dharma, il giusto agire in armonia con le leggi universali.
Il “Grande Fratello” infine funge da potente metafora e filo conduttore (Sirus/Eye in the Sky) della contraddizione cosmico/umana. Il “Grande Fratello umano” di Orwell rappresenta la distopia della sorveglianza totale e della perdita di libertà, l’apice del nostro caos auto-indotto, con l’uomo che spera di controllare e reprimere l’unicità altrui. Tuttavia, il possibile futuro non è quello di Orwell del Grande Fratello. L’esigenza, invece, è quella di vedersi da un’altra dimensione, con una consapevolezza più elevata, che permetta di osservare la propria vita e le proprie scelte da una prospettiva più ampia e obiettiva.
In fondo, l’uomo vive un profondo conflitto tra il bisogno di esprimersi e la tendenza a chiudersi in sé stesso (Silence and I). Questo desiderio di esprimere la propria unicità si scontra con l’insicurezza e la paura, portandolo a nascondersi come il primo Adamo. Eppure, in questa lotta interiore, persiste il desiderio di essere ricordato per le cose buone che ha fatto (Time). È un’aspirazione all’immortalità attraverso l’impatto positivo, un’eco del dharma e del karma in una dimensione più personale, che cerca di lasciare un’impronta armonica nel flusso della legge cosmica.
La nostra esistenza è un delicato equilibrio tra legge cosmica, armonia universale, karma, dharma, libero arbitrio, aldilà e la lotta tra la nostra ricerca di significato e le nostre auto-imposte illusioni. La consapevolezza che “Dio non gioca a dadi” e che il futuro non deve essere una distopia orwelliana, ci spinge a superare il conflitto interiore, a esprimere il bene e a lasciare un’eredità che risuoni con l’armonia cosmica.
Sono convinto che la chiave per superare le nostre contraddizioni e realizzare un futuro migliore risieda proprio nella capacità di riallinearci con l’armonia universale e nell’assunzione di piena responsabilità per le nostre azioni, cercando di esprimere il meglio di noi stessi (Don’t Let the Moment Pass) anziché chiuderci o affidarci al caso…
Giuseppe Giacalone
Prima rappresentazione
Venerdì 27 Giugno ore 20.30